Breve traccia sul rapporto tra agricoltura a basso residuo IPM (integrated pest managment) e l’incremento delle qualità nutracetiche degli alimenti.

La ricerca in agricoltura è oggi fortemente orientata a modificare i criteri di miglioramento genetico delle colture agrarie al fine di favorire il recupero delle qualità nutritive degli alimenti, finalizzata, ad esempio, a contrastare l’aumento di “sensibilità ed intolleranza al glutine” che è in continuo aumento nella popolazione. La necessità contemporanea di dare sviluppo alla biodiversità delle produzioni agricole contrasta nettamente con i precedenti criteri di miglioramento varietale delle specie di interesse agrario legati al processo di industrializzazione agro-industriale; tale atteggiamento ha sacrificato la biodiversità in funzione della uniformità genetica della produzione in seguito ad una valutazione a fini commerciali. Semi e piante uniformi agevolano infatti la meccanizzazione di operazioni come la semina e la raccolta che vanno in sincronia con la applicazione meccanica di diserbanti, pesticidi e fertilizzanti determinando di conseguenza una erosione sistematica della naturale biodiversità delle specie agricole.

Questo impoverimento potrebbe nel tempo causare enormi problemi proprio in termini di impatto sulla salute globale. Nutraceutica è un neologismo che unisce i concetti di “nutrizione” e “farmaceutica” coniato da Stephen de Felice nel 1989, e identifica una branca della scienza nutrizionale che studia principi attivi contenuti negli alimenti e nelle piante in grado di supportare lo stato di salute dell’organismo e favorirne il benessere. Diversità, concentrazioni e tipologia dei composti nutraceutici presenti negli alimenti sono alla base degli effetti benefici indotti dalla dieta. Il concetto di una alimentazione “sana ed equilibrata” è imprescindibilmente legato alla qualità e alla quantità delle sostanze nutraceutiche presenti in essa.

In tal senso preservare e sviluppare la biodiversità delle produzioni agricole risulta fondamentale anche in chiave di sostegno alla salute umana. Proprio per questo le strategie di salvaguardia della biodiversità non sono rivolte solo alla tutela e collezione del germoplasma delle diverse specie di interesse agrario, ma vengono sempre più ri-orientate allo scopo di valorizzare la bio-diversificazione genetica in funzione della qualità nutrizionale dei prodotti agricoli. Questo rinnovato orizzonte della ricerca e della innovazione agro-alimentare contemporanea si predispone a favorire un nuovo atteggiamento culturale e scientifico della produzione agricola, favorendo la crescita della disponibilità sul mercato di una elevata differenziazione con caratteristiche nutraceutiche non più uniformi, proprio per dare un’efficace risposta alle varie esigenze di attuare un rapporto ottimale tra alimentazione e salute. Pertanto nell’ambito di una netta inversione di tendenza con i criteri che hanno condotto ad un indiscriminato aumento quantitativo della sola produttività industriale, un importante contributo al miglioramento genetico della biodiversità è finalizzato al miglioramento della qualità nutraceutica tramite lo sviluppo di nuovi sistemi di difesa e fertilizzazione delle colture, che si possono riassumere nell’utilizzo di concimi organici e loro derivati, tramite l’impiego e l’applicazione di idrolizzati proteici, aminoacidi essenziali derivati dal processo di idrolisi enzimatica, lo sviluppo delle nanotecnologie, dei prodotti ottenuti da fermentazione di sostanze organiche vegetali, l’impiego di metaboliti di origine microbiologica, l’utilizzo degli stessi microrganismi con azione di fertilizzazione, biostimolazione e difesa dai patogeni, la valorizzazione degli induttori di resistenza, l’utilizzo di Sali complessati con acido eptagluconico HGA, l’impiego di repellenti naturali quali la capsaicina (derivata dal peperoncino). La nuova impostazione di ricerca/innovazione Agro-Alimentare riconosce la importanza del fatto che alla eccessiva uniformità delle specie, che ha condotto alla erosione genetica, sono associati aspetti negativi, soprattutto per quanto riguarda l’impatto che ha l’attacco di agenti patogeni sulle monoculture; al contrario la biodiversità della coltivazione di varie specie salvaguardia naturalmente le colture dagli attacchi epidemici da parte dei vari patogeni. È quindi in corso un lavoro accurato di esplorazione, ricerca ed innovazione sui nuovi criteri di gestione delle pratiche agronomiche e dei mezzi tecnici impiegati, al fine di valorizzarne le proprietà nutraceutiche, anche al fine di evitare l’utilizzazione intensiva di pesticidi e fertilizzanti e migliorare la produzione di tipo biologico e la salvaguardia dell’ambiente in relazione ai prodotti derivati. Le nuove varietà costituite richiedono tecniche agronomiche più avanzate rispettose di criteri di eco-economia, che sono conseguenti alla ricerca delle caratteristiche biologiche/nutrizionali in un processo ciclico che porta ad un continuo e progressivo aumento della bio-diversità delle colture direttamente funzionale ad una più alta qualità nutrizionale della produzione agricola e della loro trasformazione in alimenti ad alto valore per la salute. Nel nuovo orizzonte dello sviluppo della “bio-economia” il valore qualitativo nutraceutico degli alimenti è inevitabilmente legato alla ricerca salutistica di sostanze con alto valore nutrizionale contenenti cioè molecole bio-attive quali vitamine, microelementi, composti fitochimici ed acidi grassi essenziali, e include la capacità di preservare questi composti ad elevato valore nutraceutico nelle loro varie trasformazioni dal campo alla tavola per una strategia di sviluppo del benessere e dell’invecchiamento in salute della popolazione.

Prof. Giovanni Scapagnini MD, PhD
Vicepresidente SINut
Società italiana di nutraceutica